Ancora una poesia di Umberto Saba, poeta triestino, nato nel 1883, morto nel
1957. la sua cifra stilistica è contraddistinta da parole di uso quotidiano, al
di là delle quali però, si percepiscono profonde interrogazioni e una costante,
a volte dolorosa, ricerca interiore. Saba si interessò molto psicoanalisi: egli
stesso paziente di Edoardo Weiss, è possibile che nel sapere psicoanalitico
cercasse risposte o analisi alle sue inquietudini profonde. La poesia come
autobiografia, personale ed intellettuale, oltre che come forma d’arte: un
flusso di coscienza in linguaggio poetico. Leggiamo cosa scrive lo stesso poeta,
presentando il proprio “Canzoniere”: «E il libro, nato dalla vita, dal "romanzo"
della vita era esso stesso, approssimativamente, un piccolo romanzo. Bastava
lasciare alle poesie il loro ordine cronologico; non disturbare, con importune
trasposizioni, lo spontaneo fluire e trasfigurarsi in poesia della vita».
MERLO
Esisteva quel mondo al quale in sogno
ritorno ancora; che in sogno mi scuote?
Certo esisteva. E n’erano gran parte
mia madre e un merlo.
Lei vedo appena. Più risalta il nero
e il giallo di chi lieto salutava
col suo canto (era questo il mio pensiero)
me, che l’udivo dalla via. Mia madre
sedeva, stanca, in cucina. Tritava
a lui solo (era questo il suo pensiero)
e alla mia cena la carne. Nessuna
vista o rumore così lo eccitava.
Tra un fanciullo ingabbiato e un insettivoro,
che i vermetti carpiva alla sua mano,
in quella casa, in quel mondo lontano,
c’era un amore. C’era anche un equivoco.
Umberto Saba