Difficile parlare di un poeta come Giovanni Giudici, recentemente scomparso, in poche righe. Giornalismo, poesia e traduzioni: di Ezra Pound, Robert Frost, Sylvia Plath e Aleksàndr Puskin. Giudici non aderì mai ad un certo ermetismo novecentesco: al contrario, la sua poesia è descrittiva, la sua lingua è piana, entrambe coniugate con la capacità di aderire alla realtà concreta, personale e sociale. Diceva di sé: “un ligure diseducato a Roma e poi redento a Milano". E’ fondamentale, nella sua vita, l’incontro con Adriano Olivetti e con il suo progetto imprenditoriale, umano e culturale di fabbrica e di comunità: dapprima a Ivrea, dove lavora nella biblioteca dell’azienda e al settimanale «Comunitá di fabbrica», poi a Torino, per partecipare a "La via del Piemonte", diretto da Geno Pampaloni, infine a Milano, dove entra nella Direzione Pubblicità e Stampa della Olivetti. Ricorda Furio Colombo: “Forse non è mai esistita la piccola stanza al settimo piano, con due scrivanie accostate e due poeti al lavoro. Era l’ufficio Pubblicità, lo si vedeva dalle bozze di manifesti sui muri. E i due poeti al lavoro erano Franco Fortini e Giovanni Giudici”. Che scriveva, dice sempre Colombo, con “uno sgorgare semplice di parole che sembravano frutto della natura. Ma solo dopo ti rendevi conto che la sua poesia era una casa, con un fuori semplice e un dentro dove abitavano nostalgia e dolore”. La dimensione del lavoro, quindi, come elemento importante della poetica di Giudici. Leggiamo:
CAMBIA DITTA
Non puoi cambiarti, ma almeno cambia ditta,
Il posto di lavoro è più che una metà
(Inutilmente resisti) della tua anima:
E quante cose per te cambieranno!
Avranno altri volti e strade le tue mattine,
T’illuderai quasi di aver cambiato città,
Di avere davanti una vita. Un nuovo gergo
Imparerai nelle file dei nuovi conservi:
Ti ci vorranno due mesi per scoprirlo banale.
E poi nuovi padroni, nuove regioni dei tuoi nervi
In evidenza agli uffici del personale,
Nuovi prodotti e una nuova misura
Di quel che è bene e male - ed infine te stesso
Di cui tutti diranno che sei nuovo.
Annuncerai ai lontani la tua novità:
«Questa mia è per dirti che adesso mi trovo…».
Giovanni Giudici
Ancora Colombo: “Quando Adriano Olivetti, come premio per il suo lavoro, lo nominò dirigente, Giovanni Giudici disse: ‘No grazie, io sono un impiegato’. Era Italia, poco fa”.