La capacità di trasformare la microfisica della nostra vita quotidiana in alta poesia: è il giudizio, assai centrato, di un critico nei confronti dell’opera di Wislawa Szymborska, poeta polacca, morta pochi giorni fa. La nostra vita quotidiana, persino un atto formale e burocratico come “Scrivere un curriculum”:
[…] E’ d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e malcerti ricordi in date fisse.
Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.
Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenenza a un che, ma senza perché.
Onorificenze senza motivazione […]
Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.
Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.[…]
Il suo sguardo è acuto e legge una realtà opaca; non si presta a far sedimentare parole inutili, cerca l’essenziale, che è il contrario della parola roboante e vanesia. Una grande attenzione alle parole, a quelle apparentemente più umili e piane, perché “Com’è che nella poesia brillano a festa come se fossero completamente nuove e appena inventate dal poeta?». Altro tema caro a Szymborska è l’importanza del pensiero libero, un grande orgoglio del pensiero. La sua poesia è spesso filosoficamente connotata, e la forza della riflessione si legge dietro le parole. Concludiamo con alcuni versi, significativi di questo poetare pensante:
[…] Non c’è dissolutezza peggiore del pensare.
Questa dissolutezza si moltiplica come gramigna
su un’aiuola per le margheritine
Nulla è sacro per quelli che pensano.
Chiamare audacemente le cose per nome,
analisi spinte, sintesi impudiche,
caccia selvaggia e sregolata al fatto nudo,
palpeggiamento lascivo di temi scabrosi,
fregola di opinioni – ecco quel che gli piace.
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