Due grandi poeti, una storia d’amore. Infelice, e poco conosciuta
fino a che, pochi anni fa, non si è pubblicato il loro carteggio.
Sono Ingeborg Bachmann, austriaca, e Paul Celan, nativo
della Bucovina. Quest’ultimo, di genitori ebrei, li perse in un campo
di sterminio in Ucraina; mai riconciliato, mai domo, suicida
nelle acque della Senna nel 1970, ci ha lasciato una delle poesie
più drammatiche sulla persecuzione antiebraica e la Shoah: “Fuga
di morte”.
Nero latte dell’alba lo beviamo la sera
lo beviamo a mezzogiorno e al mattino lo beviamo la notte
beviamo e beviamo
scaviamo una tomba nell’aria là non si giace stretti
Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all’imbrunire in Germania i tuoi capelli d’oro Margarete
lo scrive ed esce dinanzi a casa e brillano le stelle
e fischia ai suoi mastini
fischia ai suoi ebrei fa scavare una tomba nella terra
ci comanda ora suonate alla danza […].
Scriveva a Bachmann, nel 1957: “Quando ti ho incontrato, eri
per me l’una e l’altra cosa: il Senso e lo Spirito. Essi non si separano
mai, Ingeborg .. Sei e resti la giustificazione del mio Dire ..
Ma solo questo, il Parlare, non è assolutamente nulla, io volevo
anche essere muto con te”. E, ancora, una dedica: “Per Ingeborg,/
una piccola brocca d’azzurro”.
“Il tuo cappello si alza leggero, saluta,
si agita nel vento,
il tuo capo scoperto fa innamorare le nuvole,
il tuo cuore ha da fare altrove,
la tua bocca si arricchisce di nuovi idiomi,
l’erba tremolina riempie i campi,
l’estate accende e spegne il tarassaco,
e tu, accecata dai fiocchi, sollevi il viso,
ridi e piangi e ti distruggi,
cosa può succederti di più –
Spiegami, Amore!”
Ingeborg Bachmann
Questo componimento è di Ingeborg Bachmann. Anche lei avrà una fine terribile: morirà per un incendio avvenuto durante un suo soggiorno romano, nel 1973. È la capacità mantica della poesia: in “Acqua e fuoco”, lirica di Celan del 1951, si ritrovano gli elementi per i quali ambedue troveranno la morte.