Una vita da serio professore, quella di Antonio Machado, nato nel 1875 a Siviglia, turbata dalla scomparsa della giovanissima moglie (si chiamava Leonor e il poeta l’aveva sposata appena quindicenne), e consolata dall’affetto del fratello Manuel, anch’egli scrittore, dall’amore alquanto misterioso per la poetessa Pilar de Valderrama, detta Guiomar, e illuminata da una limpida e spesso accorata vena poetica, oscillante tra romanticismo e simbolismo. Quando, nel 1936, scoppiò la guerra civile spagnola, il poeta si schierò a favore del governo repubblicano e, benché ormai anziano, lottò per i suoi ideali con grande energia. Dopo la sconfitta dell’esercito repubblicano e la caduta di Barcellona, Machado partì per l’esilio, attraversando i Pirenei a piedi per recarsi in Francia, insieme ad un gruppo di fuggiaschi tra cui sua madre, di ottantotto anni. Passata la frontiera il poeta andò ad abitare in un albergo di Collioure, dove spirò poco dopo, il 22 febbraio 1939. Grande la fortuna poetica di Machado: è stato riconosciuto come il maggior rappresentante della cosiddetta “Generazione del ‘98”. Trovò la sorgente segreta dell’equilibrio tra “il sentire del poeta e il freddo
delle cose”, in versi che spesso richiamano il ritmo delle canzoni popolari, rievocando l’antico spirito spagnolo, e filtrano una vasta cultura, con gentilezza e sensibilità:
Tu mi vedesti immergere le pure
Mani nell’acqua calma
Tese ai frutti incantati
Che sognano nel letto della fonte.
Sì, ti ricordo, sera lieta e chiara
Quasi di primavera.
Questo grande poeta seppe rimanere fedele a se stesso ed alla sua terra, e presentò, nella poesia, l’uomo con i suoi problemi, i dolori e i sentimenti. Machado fu sempre contro ogni disumanizzazione dell’arte, come anche contro ogni arido sperimentalismo. Scrisse infatti: “La poesia pura, di cui sento parlare critici e poeti, potrà esistere, ma io non la conosco”. Credeva cioè nella poesia che ignorasse giochi e cerebralismi.
Il tuo poeta
Pensa a te.
La lontananza
È di limone e violetta,
ancora verdi i campi.
Tu vieni con me, Guiomar;
c’inghiottiscono i monti.
Di querceto in querceto
Si spossa il giorno.
Divora il treno, divora
Giorno e rotaia. La ginestra
Passa nell’ombra, si snoda
L’oro del Guadarrama.
Perché una dea e il suo amante
Fuggono insieme, ansante
Li insegue la luna piena.
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