venerdì 4 novembre 2011

VETRINA - Maurizio Cucchi

Non è detto che la poesia debba parlare della realtà, ma non è vero che non ne parli. Anzi, la poesia è realtà. Il linguaggio poetico dice il nostro vivere quotidiano, ma – e sta qui la cosa importante - da un altro punto di vista. Non fa forse parte del mondo quotidiano l’amore? Non ne fanno parte il rimpianto, la contemplazione della natura, l’addio, la felicità, la quiete? Il linguaggio della poesia mette in luce un particolare minimo, o una particolare luce, come se del fiore godessimo del pistillo, o della sera incantata quella particolare lama di sole che illumina una crepa del muro o una goccia di rugiada. È evocatrice, la poesia. Ho pensato ad un componimento poetico, quando ho saputo della distruzione in Lunigiana ed alle Cinque terre. Una poesia di Maurizio Cucchi, che dice un’idea di borgo e paese, orgoglioso e vero. Come quelli andati distrutti. Che troveranno in quell’”altrove ovunque” la forza di ricominciare. Tutti dovrebbero ascoltare e leggere poesia. E anche … “I politici dovrebbero ascoltare artisti e poeti perché sono il termometro del tempo”. Non ci credereste mai: sono parole di Karl Marx.

“Ma il borgo della mente è fonte fissa,
muri di via Varè, di via Candiani,
tra le pozzanghere, i cortili e l’officina
di Luigi Cucchi.
Via Verità, e la desolazione
onirica del borgo, orgoglio,
verità senza bellezza
che espone all’orizzonte la sua sottostoria
in un recinto fradicio,
in un altrove ovunque
non degno di memoria: impassibile,
senza pietà”.

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