Camillo Sbarbaro, uno dei più delicati poeti del Novecento, ricorda, nel componimento che presentiamo, due episodi della fanciullezza di cui fu protagonista suo padre, e dice che, proprio per quello che gli vide fare, proprio per l’anima di fanciullo che egli scorse nell’uomo già adulto, lo amerebbe anche se non fosse suo padre. Tra le nature più fortunate che possano esistere al mondo è infatti quella di chi riesce a serbare il cuore fanciullo anche nell’età matura; di chi riesce a mantenere intatta la capacità dgli entusiasmi, dei moti giovanili. Possono stare insieme bene la maturità del pensiero e la giovinezza del cuore: anzi, questo è il modo migliore per mantenere fede alla vita e per incontrarsi meglio con i giovani. Camillo Sbarbaro si è spento nell’ottobre del 1967.
A MIO PADRE
Padre, se anche tu non fossi il mio
padre, se anche fossi a me un estraneo,
per te stesso egualmente t'amerei.
Ché mi ricordo d'un mattin d'inverno
che la prima viola sull'opposto
muro scopristi dalla tua finestra
e ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
di casa uscisti e l'appoggiasti al muro.
Noi piccoli stavamo alla finestra.
E di quell'altra volta mi ricordo
che la sorella mia piccola ancora
per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia aveva fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte
dalla paura ti mancava il cuore:
ché avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia, e tutta spaventata
tu vacillante l'attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l'avviluppavi come per difenderla
da quel cattivo che eri il tu di prima.
Padre, se anche tu non fossi il mio
padre, se anche fossi a me un estraneo,
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fanciullo t'amerei
Camillo Sbarbaro
Bella
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