venerdì 8 luglio 2011

Veglia - Giuseppe Ungaretti

Per commentare la poesia di Giuseppe Ungaretti che pubblichiamo oggi, abbiamo scelto parole d’eccezione,
del Mahatma Gandhi. La poesia fa parte della raccolta “L’Allegria”. Scrisse Ungaretti: “Nella mia poesia non c’è traccia d’odio per il nemico, né per nessuno; c’è la presa di coscienza della condizione umana, della fraternità degli uomini nella sofferenza, dell’estrema precarietà della loro condizione […] Viviamo nella contraddizione. Posso essere un rivoltoso, ma non amo la guerra. Sono anzi un uomo della pace. Non l’amavo neanche allora, ma pareva che la guerra s’imponesse per eliminare la guerra. Erano bubbole, ma gli uomini a volte si illudono e si mettono dietro alle bubbole”. Ma ascoltiamo Gandhi: “Mi oppongo alla violenza perché, quando sembra che faccia del bene, questo bene è soltanto temporaneo, mentre il male che fa è durevole”. Gandhi combatté a lungo per l’indipendenza dell’India, sottoposta alla dominazione inglese,eppure scriveva: […] Non credo che neppure l’uccisione di tutti gli Inglesi possa fare il minimo bene all’India”, poiché “attraverso l’attuazione della libertà dell’India spero di attivare e sviluppare la missione della fratellanza degli uomini. Il mio patriottismo non è esclusivo”. E ancora: “La non – violenza è la legge degli uomini, la violenza è la legge dei bruti”. Leggiamo ora Ungaretti, in una delle poesie più significative della tragedia della guerra:


VEGLIA
Cima Quattro
il 23 dicembre 1915
Un’intera nottata
Buttato vicino
A un compagno
Massacrato
Con la bocca
Digrignata
Volta al plenilunio
Con la congestione
Delle sue mani
Penetrata
Nel mio silenzio
Ho scritto
Lettere piene d’amore
Non sono mai stato
Tanto
Attaccato alla vita.

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