lunedì 25 luglio 2011

George Gray

Torniamo al grande poeta statunitense Edgar Lee Masters, autore di quella “Antologia di Spoon River” in cui il poeta scrisse una serie di splendide liriche, immaginando che fossero iscrizioni funebri scolpite sulle tombe del piccolo cimitero di un villaggio: Spoon River, appunto. La poesia di oggi è l’epitaffio dettato da George Gray. Difendersi dalle angosce della vita non è possibile: chi cerca di isolarsi e di chiudersi in un proprio mondo segreto perde la possibilità del contatto con gli altri e quindi con la vita stessa. Il dolore suscita certo una paura spontanea, quando non il terrore di rischiare troppo, ma non per questo ci si deve rifiutare di fronte a quelle che sono le esperienze fondamentali della vita. Cercare un senso all’esperienza può portare alla follia, dice il poeta, ma un uomo che non cerchi un senso alla propria vita è un’assurdità, un controsenso. La vita deve essere vissuta fino in fondo, sfidando, quasi, i rischi e i pericoli che essa comporta.

Molte volte ho studiato
la lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realtà, non è questa la mia destinazione
ma la mia vita.
Perché l'amore mi si offrì e io mi ritrassi
dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;
l'ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti.
Malgrado tutto, avevo fame di un
significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita può condurre a follia,
ma una vita senza senso è la tortura
dell'inquietudine e del vano desiderio –
è una barca che anela al mare eppure lo teme.

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